LA PRIGIONIA: giugno 1941-settembre 1944

print this page

Il 21 giugno 1941 Melis fu fatto prigioniero dagli Inglesi mentre si trovava all’ospedale militare di Gimma per l’aggravarsi delle condizioni di salute.

La prima lettera che riuscì a scrivere alla moglie risale al luglio, quando ancora non aveva raggiunto il luogo definitivo della prigionia. In seguito alla cattura, infatti, dovette affrontare una serie di trasferimenti in diversi ospedali etiopi, finché raggiunse la destinazione finale al 3rd General Hospital di Nyeri in Kenya, il 25 aprile 1942.

Le lettere dalla prigionia sono molto diverse da quelle del periodo precedente, durante il quale ebbe la possibilità di usare quantità pressoché illimitate di carta e quindi di scrivere lungamente.

Se per le lettere scritte prima di raggiungere Nyeri, non ebbe grandi limitazioni, per quelle successive fu dotato di carta speciale, in uso a tutti i prigionieri, che non gli permetteva di scrivere più di ventiquattro righe. A questo limite si aggiunsero la censura e le difficoltà nelle comunicazioni per cui egli da mesi non riceveva notizie dalla moglie. Il risultato fu una serie di lettere molto ripetitive perché Melis non sapeva se srebbero giunte a destinazione e quindi in ognuna raccontò sempre le stesse cose delle precedenti, almeno fino a quando non riprese a ricevere posta. Inoltre, non poteva dilungarsi nel descrivere i luoghi e laddove provò a raccontare qualcosa, soprattutto sugli spostamenti, intervenne la censura.

In ogni caso, nelle lettere da Nyeri riuscì a dare qualche informazione in particolare su come passava le giornate.

Essendo malato, fu costretto a lungo a letto, trascorrendo il tempo a studiare. Frequenti sono i resoconti sulle materie che approfondiva e sui libri di cui aveva bisogno gli fossero inviati. Anche da libero studiava, ma a causa degli impegni di lavoro e delle vicende che aveva dovuto passare non poté mai dedicarvisi completamente.

Talvolta descrisse brevemente la struttura in cui si trovava, dimostrandosi soddisfatto del trattamento e della sistemazione. Non diede mai notizie di problemi con gli Inglesi o sulla situazione generale, del resto non gli sarebbe stato permesso a causa della censura.

Le condizioni in cui si trovava fecero riaffacciare in lui le speranze di rimpatrio attraverso la pratica degli scambi tra prigionieri malati. Accennò spesso a questa eventualità ma di fatto per anni non avvenne niente e nel frattempo guarì.

Dopo essersi rimesso, non fu trasferito, ma rimase nello stesso ospedale in qualità di amministratore volontario, nell’ottica di una piena collaborazione con gli Inglesi, percepita ormai da molti come l’unica via di sopravvivenza e di speranza per il rientro.

Come dalle ultime lettere da Gimma prima della cattura si percepisce il precipitare della situazione, così nelle ultime prima della partenza è forte la sensazione dell’imminente conclusione della guerra e si avverte la trepidazione per l’avvicinarsi del rimpatrio.

Anche in questo caso, come per le comunicazioni precedenti la cattura, il carteggio si interrompe a circa un mese dal rientro.